

San Vito Lo Capo: 5 cose da sapere intorno al Cous Cous Fest
La prima cosa da sapere da queste parti è che su 10 persone che incontrerete almeno 3 si chiameranno Vito, perché San Vito non è solo il nome del paese, ma, ovviamente, il santo patrono, festeggiato nella stupenda chiesa-fortezza di Piazza Santuario nel mese di giugno di ogni anno.

Un patrono, questo venerato San Vito, a cui le mamme raccomandano i figli maschi che arrivano in famiglia (ma anche le femmine, ché non è raro trovare donne dal nome Vita per queste strade).
Tra i Vito da ricordare c’è Vito Peralta, che dagli anni ’70 ha una pasticceria artigianale (Via Immacolata 17) che sforna i migliori cannoli della zona, oltre a altre meraviglie come i bomboloni fritti straboccanti di ricotta, cassatine che sembrano disegnate dalla fata turchina e poi invece ti lasciano quella sensazione di peccato di gola mortale come farebbe la strega di Biancaneve. E comunque fare colazione o merenda alla Pasticceria Peralta è la seconda cosa che dovete sapere di San Vito Lo Capo.

La terza è che la gente è generosa, sorride e lo fa spontaneamente, quindi sorridete e non diffidate. Nel mondo di oggi, dove un mipiacimipiacimipiaci digitale non si nega a nessuno ma a stento conosciamo il nome del vicino di casa, trovare qualcuno che ti regala acqua o pizza mentre lavori o semplicente ti chiede come stai, hai bisogno di qualcosa, siamo qui, chiamaci, è una bella cosa: quindi abituatevi a buttare la diffidenza alle spalle e lasciatevi andare.
La quarta è che il cous cous qui è una cosa molto, ma molto molto seria. Innanzitutto si pronuncia cùscus (accento sulla prima “u”) e soprattutto gli dedicano un festival che dura una settimana in cui ogni giorno ne sfornano decine e decine di quintali con ricette diverse a ogni angolo. E questo è niente, ché così sarebbe solo una bella sagra. Invece ci sono chef internazionali (quest’anno si sfidano per il miglior cous cous Costa d’Avorio, Senegal, Francia, Israele, Palestina, Italia, Marocco, Tunisia e Stati Uniti) e una giuria di giornalisti fregiati dell’etichetta Corriere della Sera o Sole 24 Ore o Vogue Italia, che lasciati i noiosi casi di casa nostra si dedicano con meticolosa attenzione a disquisire di lime essiccato, sentore di zafferano iraniano, uvetta marocchina, croccantezza di mandorle e turgidezza delle foglie di menta. Si cucina, si assaggia e si vota ogni giorno in un palatenda in riva al mare – insieme giuria tecnica e giuria popolare di cento persone (chi prima arriva, prima si siede e diventa giurato) – si cantano inni nazionali e si sceglie per la grande finale che decreterà il cous cous vincitore.

Infine, dato che non tutti arrivano a San Vito a settembre per il Cous Cous Fest, ma considerando che tutti in Sicilia vengono anche per gustare l’ottima cucina locale e a noi di Marco Polo piace raccogliere i consigli di chi vive sul posto, vi spifferiamo quelli che hanno detto a noi: ovvero non cercare le celebri granite siciliane qui ‘che non è zona in cui le sanno fare’ (così dice chi ci abita e che indirizza verso Catania per gustare l’arte gelatiera siciliana) ma di orientarsi verso il salato: pane cunzato (pane con sesamo, condito con pomodoro, acciughe, cipolle) e pane e panelle che sono frittelle di farina di ceci, sulle quali va assolutamente spruzzato il limone “che altrimenti il fritto diventa pesante”.
Non abbiamo parlato del mare di questo gioiello della Sicilia occidentale, né della Riserva dello Zingaro che racchiude sentieri, scorci a picco sul mare e flora mediterranea dai mille profumi, perché questo lo sanno tutti e soprattutto se lo ricordano nei mesi di luglio e agosto. Noi vi abbiamo avvertito.