Idee di viaggio

In Croazia al Museo delle relazioni interrotte

Chiara Beretta

Chiara Beretta

Un nano da giardino un po' scheggiato. Un paio di scarpe da basket consumate. Ma anche un abito da sposa, una crosta vecchia di trent’anni, un anello, una lettera d’addio, un dildo. Sono alcuni degli oggetti in mostra al Museo delle relazioni interrotte di Zagabria, una delle attrazioni più visitate della capitale croata. L’esposizione è la (piccola) parte visibile di un progetto più grande, un archivio globale che raccoglie e conserva le più svariate testimonianze di amori finiti e storie spezzate.

Tutto inizia da una separazione

Non potrebbe essere altrimenti, a pensarci bene, ma l’idea di creare il Museo delle relazioni interrotte nasce proprio da un amore arrivato al capolinea, quello tra Olinka Vistica e Drazen Grubisic. Dopo una relazione durata più di vent’anni, la coppia croata deve affrontare un momento tragicamente familiare a chiunque abbia vissuto una separazione: svuotare casa. Nella suddivisione di tv, computer, arredamenti e souvenir, arriva il turno di un coniglietto di peluche. Nessuno dei due se la sente di tenerlo soltanto per sé: grazie a quei teneri rituali che solo gli innamorati sanno inventare, quel giocattolo è diventato più di ogni altra cosa il simbolo del loro amore, del tempo che hanno passato insieme. È a quel punto che Vistica pensa: «Non sarebbe bellissimo se ci fosse un luogo in cui chiunque al mondo potesse spedire oggetti alla fine di una relazione?».

Credits paul prescott / Shutterstock
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Da queste premesse, nel 2006 prende forma il Museo delle relazioni interrotte: prima come progetto temporaneo a Zagabria, poi come esposizione itinerante e infine, nel 2010, come mostra permanente nell’attuale sede del museo, a pochi passi dal municipio della capitale croata. Intanto, le mostre internazionali temporanee non hanno smesso di essere organizzate: a oggi ne sono state realizzate più di sessanta, intensificando di volta in volta le donazioni di materiale da parte degli abitanti di quel particolare angolo di mondo. Se nel museo di Zagabria sono esposti una settantina di oggetti, infatti, il progetto conta un archivio ben più vasto: circa 4000 “reperti” spediti via posta da ogni continente, in forma anonima, con un breve testo che ne racconta la storia.

Credits paul prescott / Shutterstock
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Tra lacrime e risate

«Abbiamo giocato a basket insieme. Lui era etero, io no. Mi parlava delle ragazze che frequentava e mi spezzava il cuore» spiega una breve nota accanto a un paio di scarpe Nike arrivate da Seattle, Stati Uniti. La maggior parte degli oggetti esposti al museo ha a che fare con innamoramenti e storie romantiche, ma non solo: c’è spazio per lutti, separazioni famigliari e amicizie concluse, oltre che per le persone che hanno perso la fede oppure una parte di se stesse, metaforicamente o letteralmente. Nell’archivio del progetto c’è, ad esempio, un reggiseno donato da una donna che ha subìto una mastectomia.

Credits Julie Mayfeng / Shutterstock
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Il tono delle descrizioni (presentati in inglese e in croato) dei vari oggetti in mostra è spesso triste e malinconico, tragico quando offuscato dall’ombra della guerra o della morte prematura, ma sorprendentemente durante la visita si riesce anche a ridere. «Questo era un regalo del mio ex fidanzato. Devo davvero aggiungere altro?» sono le parole di una donna inglese a corredo di un libro dal titolo eloquente: I Can Make You Thin, "posso farti dimagrire". Non tutte le separazioni vengono per nuocere, per fortuna.

Credits Globe Guide Media Inc / Shutterstock
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Chiunque può fare una donazione al museo e, come raccontato da Vistica e Grubisic al «New York Times» in un articolo del 2023, nel corso degli anni l’archivio è in qualche modo diventato uno specchio dei tempi che viviamo. Dopo una mostra temporanea nelle Filippine, un paese da cui milioni di persone si traferiscono all’estero per lavoro, è stato donato un certo numero di oggetti che si riferiscono proprio a relazioni finite a causa delle migrazioni. Ha aggiunto Grubisic: «Sono sicuro che se facessimo una mostra in Ucraina, avremmo storie di perdita a causa della guerra».

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