Idee di viaggio

I barrios di Valencia in formato tascabile

francesco giro

Francesco Giro

Le tante facce di una città timida.

Se penso a Valencia penso alla sua promiscuità, al suo essere ordinata ma capricciosa, al green della viabilità (imperativo: girala in bici, è un piacere) e ai grigi palazzoni della ciudad nueva, all’ultra-moderno e al vintage, al tutto e al niente. Perché Valencia non ha un’identità chiara. Tralasciando la celeberrima Ciudad de las Artes y las Ciencias di Santiago Calatrava, non ci sono tratti distintivi che dall’alto di un volo Ryanair ti facciano spalancare la bocca e sussurrare al compagno di viaggio “guarda, quella è Valencia”. Per intenderci, non è Barcellona, non è Madrid, ma nemmeno Málaga e Siviglia, sicuramente più paragonabili alla “piccola” città mediterranea. Valencia per essere riconosciuta (e conosciuta) ha bisogno di essere vissuta, di essere corteggiata per le piccole cose – un’Aigua de Valencia in compagnia a tarda sera, o un tramonto tra local al parco dell’Albufera, per esempio. Quelle piccole cose che scopri perché le vivi, ti ci imbatti, non perché le leggi tra le pagine di una guida.

Questo articolo parla della Valencia-città, con i suoi innumerevoli barrios e le sue ancora più numerose facce, non della Valencia-attrazione-turistica. Quella starà a te scoprirla. Lei, stanne certo, ti accoglierà a braccia aperte. Ma senza tappeti rossi (anche se la corrida, ahimè, c’è anche lì) e “must-see” da anfitrione. Piuttosto con qualche patatas bravas, una paella valenciana e una fresca horchata. A spasso – lentamente – per la più bella e timida città di Spagna.

Un coloratissimo negozio di Ruzafa. Credits Joaquin Corbalan P / Shutterstock
Un coloratissimo negozio di Ruzafa. Credits Joaquin Corbalan P / Shutterstock
Barrio Ruzafa

La Valencia anticonformista, artistoide e un po’ bohémienne. Il quartiere di Ruzafa ti prenderà per mano tra un concerto di musica jazz e un negozietto di vestiti di seconda mano, in un’atmosfera rilassata e prettamente valenciana (ergo pochi turisti). Un tempo ricoperta da un lussureggiante giardino arabo (il nome, “Ruzafa”, ne è la testimonianza), è la zona alternativa della città, pullulante di cafè letterari (o librerie che fanno il cafè, dipende dai punti di vista), jazz club e ristoranti vegani. A proposito, sai che all’Artysana si mangia la tostada con avocado più buona di Valencia? In questo barrio il passo è lento per forza, un po’ inebriato dai fumi dell’alcool (una pinta: 1,50 euro), e un po’ perso tra vetrine colorate e note sofisticate.

Barrio El Carme

La Valencia mondana, quella che si mette l’abito da sera per fare colpo tra i monumenti più instagrammabili e i ristoranti costosi. Ma anche tra i murales, le discoteche, il Mercado central e uno dei musei di arte contemporanea più belli in cui abbia mai avuto la fortuna di capitare (il CCCC, o Centro del Carmen de Cultura Contemporánea). Siamo all’interno della città vecchia, circondati dalle porte medievali di Torres de Serranos e Torres de Quart, un tempo parte delle antichissime mura (puoi salirci, soprattutto sul Serranos, per una splendida vista su Valencia). Le stradine della ciutat vella regalano architetture medievali con oltre mille anni di storia, il tutto mescolato insieme in quel famoso calderone di ambiguità da cui fuoriescono come per magia piste da ballo, ristoranti, boutique di moda e tapas bar affollatissimi. Il luogo perfetto per carpire la doppia faccia valenciana. Ma a passo più sostenuto.

Il chiostro del CCCC, nel millenario quartiere di El Carme
Il chiostro del CCCC, nel millenario quartiere di El Carme
Barrio Benimaclet

La Valencia giovane, che studia ma si diverte, eclettica, con i centri sociali e la controcultura giovanile a farla da padrone. Qui la fauna è quasi esclusivamente composta da studenti universitari che, dopo una lunga giornata passata sui libri, escono per rilassarsi in uno dei numerosi pub e locali. Da segnalare il Terra, variopinta locanda autogestita dove ai gustosi manicaretti tipici è possibile affiancare serate di musica live e djset. Ma non solo, dato che nel cuore del barrio corre un meraviglioso parco (quello Reale, attaccato al ben più battuto giardino del Turia). Perditi nel suo curato verde a passo riflessivo: a Benimaclet la cultura – quella vera, tangibile, nuda e cruda, non “da museo” – si respira un po’ ovunque.

Esplodono i festeggiamenti delle Fallas. Credits Ionov Vitaly / Shutterstock
Esplodono i festeggiamenti delle Fallas. Credits Ionov Vitaly / Shutterstock
Barrio El Cabanyal

La Valencia rilassata, marittima e soleggiata, il lato che probabilmente più ti aspetti da una città che, dopotutto, affonda le sue radici nell’acqua salata. El Cabanyal è il vecchio quartiere di pescatori: pittoresco e tranquillo, si estende proprio alle spalle del mastodontico porto valenciano. È uno dei barrios più antichi della città e nasconde la sua identità storica tra il dedalo di viuzze e le piccole casette a schiera, peculiari per i colori sgargianti delle loro piastrelle. Tra queste non sarà complicato scorgere la Fábrica de Hielo, spazio culturale in cui passare un pomeriggio tra mostre, proiezioni e l’immancabile tardeo, il concetto tutto spagnolo di aperitivo. Non ti aspettare di trovare turisti: indicazioni e ordinazioni dovrai rigorosamente chiederle in spagnolo (e magari ti risponderanno pure in valenciano, essendo l’identità linguistica qui molto accentuata), ma – forse – è anche questo a renderlo così affascinante. Lontano dal centro, e paradossalmente lontano anche dal mare (sì, un quartiere di pescatori a 300 metri abbondanti dall’acqua), El Cabanyal è la sintesi perfetta dei barrios valenciani: all’apparenza normali, nascosti, timidi; a occhio e cuore attenti, quanto di più intimo e sensuale una città spagnola possa mai offrirti.

Buen Viaje.

Facciate di vecchi edifici a El Cabanyal. Credits Sonia Bonet / Shutterstock
Facciate di vecchi edifici a El Cabanyal. Credits Sonia Bonet / Shutterstock
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